La fucina di Castellaro ieri:
Destinate principalmente ad
uso agricolo, le acque delle vallate alpine hanno rappresentato anche un forte richiamo
per l'installazione di strutture produttive grazie alla ricchezza di salti e cadute
utilizzati per la produzione della forza motrice. A partire dal Medioevo mossero le ruote
dei mulini, alimentarono fucine e segherie; per tutto il corso dell'ottocento furono un
fattore di localizzazione indispensabile per la nascente industria , in primo luogo quella
tessile. Nacquero cosi' oltre alla fucina di Castellaro , la manifattura
di Pont Canavese, alimentata dalle acque del Soana e la manifattura di Cuorgne' con
l'acqua derivata dal fiume Orco.
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Un canale,detto della Fucina, derivato dal Soana a
monte dell'opificio mediante una diga instabile in petrame e fascine ( in modo che non
oponesse resistenza all'impeto dell'acqua nei periodi di piena) inviava l'acqua sulle
ruote in ferro, che davano il moto ai magli, e su due trombe idrauliche in legno, per la
ventilazione delle forgie. Le trombe idrauliche erano un dispositivo ingegnoso e semplice, basato sullo stesso principio applicato oggi per generare il vuoto mediante iniettori: erano costituite da uno o piu' tronchi in legno cavi disposti verticalmente in cui veniva fatta precipitare da un canale l'acqua che, nella caduta , inglobava aria. Acqua e aria confluivano in una botola interrata, generalmente in legno, e , mentre l'acqua fuoriusciva per perdita sotterranea, l'aria era sospinta nella fucina attraverso una rete di condotti che giungevano alle forgie, ventilandole costantemente. |
principio di funzionamento del maglio idraulico a testa d'asino |
La lavorazione del rame: dal metallo fuso fino al paiolo La prima fase
della lavorazione del rame consisteva nella predisposizione in forno di fusione del
metallo, a cui si aggiungeva carbone di legna,piombo e stagno opportunamente dosati per
migliorarne la qualita' . Il liquido ottenuto era scodellato con grandi mescoli di ferro
in contenitoridi refrattario per formare i masselli; |
Alternativamente riscaldato e rilavorato piu' volte,con ripetute battiture il masello si assottigliava e prendeva una forma a scodella: l'abilita' del magliaro consisteva nell'ottenere contenitori il cui fondo era piu' spesso al centro e man mano si assottigliava verso le pareti. Al maglio lavoravano due persone: una maneggiava il pezzo di rame caldo mentre l'altra con una leva in legno regolava il flusso dell'acqua e quindi la frequenza dei colpi del maglio. Dalla fucina usciva il prodotto grezzo, detto cavato destinato poi a passare nelle mani dei calderai (di Alpette, Ribordone, Sparone e Locana) che lo battevano e lo sagomavano a mano col martello fino ad ottenere il paiolo voluto. E questo avrebbe resistito al fuoco cinquanta, forse ... cent'anni. | foto storica della fucina di Castellaro: magliaro Valsoanese al lavoro |
La fucina di Castellaro oggi (Agosto 2001):
Il Parco Nazionale Gran Paradiso, con il contributo CEE , ha terminato la ristrutturazione
della fucina sotto la direzione del progettista arch. Buffo. Successivamente,
su prenotazione sarà possibile apprendere alcuni segreti dei calderai ed alloggiare
nella foresteria che dispone di 8 posti letto. Attualmente
si può visitare la fucina con il seguente orario: dalle 9 alle 11 e dalle 15 alle 17. Il
costo per la visita e di lire 4000 per gli adulti e gratis per i bambini sotto ai 10 anni.
Ogni 4 biglietti pagati verra' rilasciato un ingresso omaggio. Per le visite guidate
bisogna recarsi alle ore 11 e alle 17. Sussiste inoltre la possibilità di cimentarsi
nell'esecuzione di un piccolo oggetto in rame per la modica cifra di lire 10000
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Sig.ra
Donatella Steffenina (gestore fucina) tel. 338 / 6316627.